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Peel, Robert, sir.

Uomo politico inglese. Primogenito dell'omonimo uomo politico e d'affari, che era stato nominato baronetto per aver conseguito notevoli successi nell'industria manifatturiera, nel 1809 fu eletto alla Camera dei Comuni come rappresentante del Partito Tory. Sottosegretario per la Guerra e le Colonie nel 1810, due anni dopo divenne ministro per l'Irlanda nel Governo Liverpool, e conservò l'incarico sino al 1818, fronteggiando le agitazioni dei nazionalisti irlandesi con una politica autoritaria e opponendosi a ogni progetto di autonomia e di emancipazione dei cattolici. Avvicinatosi alle posizioni degli economisti W. Huskisson e D. Ricardo, si occupò successivamente di problemi finanziari, promuovendo il ripristino dei pagamenti in moneta e dando prova di forti inclinazioni per una politica economica liberale. Ministro degli Interni dal 1821 al 1827 con Liverpool, continuò a opporsi alle proposte di autonomia irlandese, e nel 1827, quando Liverpool fu soppiantato da Canning, fautore di una politica più aperta verso i cattolici irlandesi, passò all'opposizione contro il nuovo primo ministro, unendosi ai conservatori più intransigenti capeggiati dal duca di Wellington. Morto Canning e divenuto Wellington primo ministro, nel 1828 riassunse il ministero dell'Interno, modificando in un famoso discorso del 1829 la sua precedente linea nei confronti dei cattolici irlandesi, di cui favorì ora l'emancipazione anche per evitare una guerra civile. Caduto il Governo Wellington nel 1830, si oppose alla riforma elettorale, e, dopo la sconfitta dei Tories nelle elezioni del 1832, si impegnò a riorganizzare su nuove basi il partito. Appoggiò il Governo Whig contro i radicali e gli Irlandesi di O'Connel e nel 1834 ritornò al Governo come primo ministro, presentando un pacchetto di riforme che non ottennero l'approvazione della maggioranza parlamentare. Dimessosi nel 1835, capeggiò l'opposizione contro il ministero Whig di Melbourne sino al 1841, quando per incarico della regina Vittoria riassunse la direzione del Governo, rimanendo in carica sino al 1846. In quei cinque anni, che segnarono il momento più importante della sua azione politica, fronteggiò la difficile situazione economica con una serie di provvedimenti, tra cui l'introduzione di una nuova tassa sul reddito (Income Tax, 1842). Fece votare il Bank Charter Act, più noto come P. Act, che riorganizzava la Banca d'Inghilterra, e riuscì ad attuare il pareggio del bilancio nel 1844. Convertitosi sempre più al liberismo economico, adottò misure antiprotezionistiche: abolì quasi completamente i dazi sull'importazione delle materie prime, soppresse quelli sul mais e ridusse drasticamente i dazi sugli altri cereali. Soprattutto la revoca del dazio sul grano sollevò una durissima opposizione. Nel 1846 riuscì tuttavia a fare approvare il progetto di legge, ma gli interessi industriali e commerciali, spalleggiati da un largo sostegno popolare, finirono con il provocare la sua caduta. Nel giugno 1846, in seguito alla secessione dal suo partito dei protezionisti, che si unirono ai liberali, fu costretto a dimettersi. Dedicò gli anni seguenti alla definizione della sua linea liberistica e riformatrice, appoggiando alcuni provvedimenti del Governo liberale e preparandosi a riassumere le redini del Governo. Morì in seguito a una caduta da cavallo. Appassionato d'arte, raccolse un'importante collezione di dipinti, soprattutto di pittori olandesi e fiamminghi, donata dai suoi eredi alla National Gallery di Londra nel 1871 (Chamber Hall, presso Bury, Lancashire 1788 - Londra 1850).